Mi fido di te. Mi fido perché ti conosco, quindi la tua opinione per me vale.
Il passaparola, da sempre, è più efficace di qualsiasi altra forma di pubblicità perché viene considerato una fonte di informazione genuina. Attendibile quindi.
Perché funziona? Non è l’azienda che parla in prima persona per vendere qualcosa (come nel classico spot), ma un consumatore con delle esigenze come le mie e delle esperienze diverse dalle mie. Connette la sua storia alla mia. Certo mi racconta un prodotto, ma mi fa anche entrare nel suo mondo. Tra noi si crea empatia. Ecco perché mi convince.
Ed è esattamente questo che fa un influencer: attiva, tramite la sua rete di contatti, un flusso di passaparola digitale. Solo che i suoi contatti (ah, si chiamano follower) sono, se va male, decine e decine di migliaia… e parliamo di micro-influencer. Figuriamoci se va bene. Chiara Ferragni (che salutiamo), la regina indiscussa di tutti gli influencer, è seguita solo su Instagram da quasi 23 milioni di persone. Tanto per dare un’idea, è come se parlasse in televisione in prima serata a reti unificate prendendosi il 100% dello share. È evidente che quando la comunicazione si fa digitale i numeri possono assumere proporzioni enormi.

È qui che entra in gioco l’influencer-marketing.
Il passaparola digitale, come abbiamo visto, è un modo di fare pubblicità molto efficace, quindi è importante strutturare strategie finalizzate ad ottenere risultati specifici e misurabili. Attivando collaborazioni con gli influencer, l’azienda può stimolare l’attenzione intorno ai proprio prodotti creando un dinamico e vitale “mormorio”.

Ma quale influencer scegliere, micro o macro?
Ovviamente tutto dipende dall’obiettivo. Non sono da sottovalutare i piccoli, perché il loro è un pubblico molto fidelizzato, su cui hanno un alto livello di “influenza” per l’appunto. Sono davvero il corrispettivo digitale dell’amico di cui si ascolta volentieri l’opinione e i suoi messaggi vengono percepiti come personali. In ogni caso, micro o macro, l’importante è che l’azienda scelga lasciandosi guidare dai valori. Poi verranno tutte le altre variabili: il target, il tasso di conversioni, l’empatia.
La chiave è non smettere di raccontare. Perché non parlare, oggi, significa non esserci.